Per quanto i pensieri siano qualcosa di intangibile, eppure sono prodotti da un processo fisico che avviene nel nostro corpo e che quindi consuma energia. Per cui quello che succede quando si pensa tanto è che il nostro cervello è continuamente sottoposto ad una tensione, una tensione che si può anche rilevare tramite un apparecchio elettronico, chiamato elettroencefalografo.
Da dove viene l’energia per i pensieri?
L’energia per i pensieri viene dal fegato. Si dice che in passato gli antichi Greci ritenessero il fegato come sede di ogni sentimento e qualità interiore, cose che in effetti si manifestano attraverso la nostra mente.
Il processo che determina l’alimentazione del nostro cervello avviene nel fegato, il quale però è preposto a molte altre funzioni. Quindi il supplemento continuo di energia al cervello ha un costo enorme, perché altri organi e altre funzioni del nostro corpo non possono avere la dovuta assistenza e quindi tendono a perdere la propria efficienza.
Da qui la sensazione di stanchezza che deriva dal continuo pensare; e questo è solo per cominciare, perché a lungo andare le conseguenze possono essere più gravi, proprio per il fatto che altre funzionalità vengano trascurate per mantenere attivo il pensare.
L’esaurimento energetico è solo un aspetto, la qualità dei pensieri può guidarci verso “indesiderati” stati emotivi di varia natura. Per esempio pensieri ambiziosi o paurosi possono metterci in uno stato d’ansia. Pensieri rivolti al passato o ai sentimenti possono renderci melanconici o depressi e magari condurci alla letargia. E così via. Insomma, se ci si ferma un attimo ad osservare i propri pensieri, ci si accorge che spesso creano una certa confusione nella mente e uno stato emotivo alterato che non si può definire sereno.
Si può anche arrivare ad una vera e propria condizione di schiavitù, al punto che capita di sentire delle affermazioni del tipo “Io non potrei mai vivere senza pensare”.
È possibile vivere senza pensieri?
Potrà sembrare una domanda bizzarra, ma sicuramente qualcuno deve esserla fatta almeno una volta.
Ebbene esiste uno stato del nostro essere indicato in sanscrito con il termine turya (quarto stato), che si può descrivere in modo semplice come uno stato di consapevolezza senza pensieri.
È uno stato in cui la nostra mente è silenziosa, ma in cui siamo perfettamente consapevoli e nel presente, nella Realtà. Quando si approccia questo stato, ci si rende subito conto che, anzi, i pensieri sono un disturbo alla nostra percezione della Realtà, del mondo intorno a noi. Riusciamo a percepire la tensione che essi producono nella nostra testa e riusciamo a percepire la differenza tra un pensiero-tensione ed un pensiero-illuminato, in quanto il secondo non produce tensione nella testa.
Questo stato è davvero raggiungibile tramite la pratica dello yoga. Nel momento in cui l’energia madre Kundalini (energia che risiede dormiente nel nostro osso sacro) raggiunge l’Agnya chakra, il nostro cervello è liberato dalle tensioni e quindi dai pensieri. Possiamo raffigurare questo momento come un cielo che dapprima è tutto nuvoloso e che poi si rasserena quando le nuvole si diradano.
Scherzosamente, alcuni sahaja yogi hanno rappresentato questa condizioni di bombardamento continuo dei pensieri con una commedia intitolata Friends (amici).
Di seguito un’interessante intervista fatta in Australia al dr Ramesh Manocha in una TV locale sugli effetti positivi del “silenzio mentale” (in inglese naturalmente): Benefici del silenzio mentale.